Ero un ragazzetto quando frequentavo il bar del paese e ricordo, come fosse ora, la frase di un vecchio che rivolgendosi ad un amico disse “se volete mandare una maledizione a qualcuno sperate che gli venga la passione della caccia e dei cani“.
Qualcuno deve avermi maledetto perché a 18 anni presi la licenza di caccia e cominciai a seguire mio padre, da sempre beccacciaio e setterista che, ancora non so il motivo, mi regalò una spinona alla quale tutti si aspettavano che mi affezionassi, ma l’amore non nacque e dopo un anno passai ad una setter inglese. Cominciai così ad appassionarmi a quella razza cercando di approfondire le mie conoscenze frequentando prove ed allevatori. Iscritto all’università alla facoltà di veterinaria studiavo già zootecnia e genetica e cominciai così a dar sfogo alla voglia di migliorare quella setterina nella speranza di ottenere soggetti che soddisfacessero le mie aspettative. Coprii lei, poi le sue figlie e le figlie delle figlie ottenendo soggetti discreti sotto il profilo stilistico e della venaticità, ma ahimè con una percentuale alta di cani displasici anche gravi e con vari disturbi psichici.
La maledizione cominciava a sortire i suoi primi effetti e più mi rendevo conto che allevare era una cosa molto difficile, più mi appassionavo ed all’età di 23 anni acquistai una cucciola di pointer dal dott. Guberti. Il diavolo volle che quella cucciola “ Mirca del Vento” diventasse una cagna come non ne avevo mai viste; correva con grinta e determinazione, si metteva nel vento naturalmente, sempre attaccata al naso, con bel portamento e mai un colpo di coda. Me la chiese anche qualche dresseur, ma io la portai a beccacce dove dimostrò di non temere nè il freddo nè gli spini, diventando presto una specialista.
E’ stata la cagna che mi ha insegnato a cacciare e fu così che la maledizione arrivò a toccare l’apice quando mi resi conto che la mia razza era quella. Mi liberai dei setter e cominciai ad allevare pointer.
Mi legai molto a Giorgio Guberti al fianco del quale ho passato parecchi anni, cercando di comprendere sempre meglio questa razza. Sarò per sempre grato a Giorgio per avermi trasmesso le sue conoscenze cinotecniche, per avermi fatto capire, toccando con mano, i più grandi valori della vita, che non contemplano il falso pietismo ma il rispetto per il prossimo, per avermi stimolato a rimanere sempre me stesso, anche quando le mie idee si discostavano dalle sue, ed a pretendere sempre il massimo, ma nel tempo, ed a malincuore, mi resi conto che rispettando i canoni e lo standard del suo allevamento, ero costretto a scartare un mare di cani perché non cacciavano ed essendo la caccia pur sempre la mia priorità, sentii l’esigenza di “mettermi in proprio”. Nel 2004 ottenni l’affisso “Dei Fulmini”. Iniziai dalla Mirca, con l’intento di selezionare dei soggetti che potessero aiutare questa razza a ritrovare affezione da parte dei cacciatori che rimpiangevano certi pointer, per averli cercati ma non più trovati.
Del resto in questi anni si è allevato, ed ancora si alleva, seguendo canoni che, a parer mio, molto spesso danneggiano questa bella razza. Il pointer deve essere uno solo. Invece, da un lato, chi si cura di far cani con tanta voglia di correre, fine se stessa, che sopportano il dressaggio e si lasciano meccanizzare facilmente, che allungano a dismisura i lacets e che ogni tanto fanno il punto spettacolare, senza preoccuparsi del fatto che tali caratteristiche sono in antitesi con quelle di un cane che deve cacciare anche nel fitto, nell’acqua fredda e non solo dove si corre bene. Dall’altro, chi si preoccupa di fare cani con la sola finalità di far carniere, che siano orribili, fuori appiombo, spezzati e che usino la coda come dei continentali non importa. Infine, chi crea cani da ring, con teste imponenti e belle marcature, buoni appiombi …… e tutto il resto ……manca?.
La filosofia del mio allevamento è stata fin dal principio quella di creare un cane completo di tutti gli ingredienti che servono a dare soddisfazione ad un cacciatore cinofilo.
Un pointer che deve fare quelle belle puntate da cane inglese dopo aver sviluppato un’intelligenza venatoria tale da renderlo un incontrista, con quella voglia innata di usare l’istinto, la fantasia e tanta buona volontà per realizzare un punto anche in condizioni estreme. Per questo si deve muovere attaccato al naso aumentando e rallentando l’andatura, risalire un emanazione nel vento a testa alta o, in assenza di vento, col naso in terra “e che dio mi perdoni!!“ per non perdere un selvatico che può attaccare solo seguendo una passata. Deve essere morfologicamente piacevole e corretto perché l’aspetto esteriore è comunque importante ed lo è ancor più quando finalizzato ad avere un certo tipo di movimento; non deve essere portato ad usare la coda perché non serve e perché anche questa è classe; deve avere un carattere sobrio, nè introverso nè troppo esuberante in modo tale da non dare problemi a chi lo detiene o lo presenta , in viaggio ecc… e comunque un buon carattere è sempre di aiuto anche al cervello.
E’ forse per questo che per ottenere dei soggetti che rappresentassero lo standard sopra citato ho impiegato 15 anni della mia vita allevando e scartando, cacciando prevalentemente beccacce con non pochi sacrifici, ma anche con tante soddisfazioni.
Da qualche anno, mi sono avvicinato anche alla caccia ed alle prove a beccaccini grazie all’amicizia stretta con Giacomo Ronconi, col quale ho condiviso alcune cucciolate dalle quali sono nati cani che si stanno esprimendo in quelle prove specialistiche.
Si tratta senza dubbio di prove molto difficili, ma anche quelle in cui possono esprimersi e conciliarsi le qualità del grande cane da caccia con quelle del grande cane da prove. In esse, infatti viene richiesta la venaticità, la capacità di discernimento e la resistenza all’habitat del beccaccino, che sono più tipiche del cane cacciatore, congiuntamente alle qualità di galoppo, di portamento e quant’altro maggiormente richieste al cane da prove e che, tra l’altro, in risaia o in un prato allagato si evidenziano, nel bene e nel male.
Ed è in questa direzione che intendo proseguire: allevare cani da “caccia vera” e che possano ben figurare anche in prove su quei pochi selvatici autentici rimasti come le beccacce e i beccaccini.
Questa la mia storia e questa la mia filosofia.
Corrado Boschi